Siamo nell’era dell’apparire, questo già lo sappiamo.
Tutti possono avere – e in tanti casi hanno – il loro effimero momento di gloria. Un’istantanea che riceve migliaia di like e di commenti ci permette di far sapere al mondo social – si suppone ben diverso da quello reale, ma a questo punto quello reale qual è? – che ci siamo anche noi, che non siamo dimenticati nell’oblio.
Ora, queste considerazioni non sono sicuramente una novità della quale stupirsi, dato che già da diversi anni i social network hanno rivoluzionato le nostre vite in tutto e per tutto: alimentazione, tempo libero, lavoro, sport e tante altre attività, musica compresa. L’avvento di questo “nuovo mondo” è paragonabile all’uragano Katrina, ha letteralmente spazzato via abitudini e sistemi di promozione e marketing tradizionali. Questo ha segnato profondamente l’industria musicale, provocando una spaccatura netta e profonda, un nuovo punto d’inizio.
Oggi gli artisti ci mettono la faccia, mostrano la loro quotidianità e interagiscono in diretta con i loro seguaci.
Tutto questo ha un impatto enorme sul modo di realizzare contenuti video per promuovere una nuova canzone o un nuovo album: si tende a girare un numero maggiore di videoclip, nel caso si debba promuovere un LP, arrivando ad adattarli alle piattaforme di riproduzione più diffuse, come IG TV, e privilegiando quindi anche i formati verticali.
Il confronto con il passato recente è particolarmente interessante. Fino ai primi anni del nuovo millennio, il videoclip costituiva un elemento principale della promozione di nuova musica per gli artisti. Molti realizzavano veri e propri cortometraggi con tanto di scenografie sbalorditive ed effetti speciali. La cura dei dettagli era il più delle volte maniacale. Tutto questo è quasi scomparso, un fatto alquanto strano, visto che molti social network danno centralità proprio ai contenuti multimediali.
La costante e compulsiva rincorsa alla produzione di video da dare in pasto ai followers ha abbassato notevolmente la loro qualità. Spesso, questi non hanno più nemmeno un valore legato alla durabilità, sono usa e getta. Crei, carichi, visualizzi e dopo 24 ore, tolto Tik Tok, il contenuto sparisce non permettendo una seconda visualizzazione (vedi le tanto amate Instagram Stories). Rimangono nella nostra memoria giusto qualche ora, in attesa del contenuto successivo. Non c’è più attesa, trepidazione, nulla di “magico”. Non abbiamo più tempo. Non abbiamo più voglia di dare attenzione a quanto potrebbe essere proposto.
I nuovi generi si sono affacciati al mercato proprio utilizzando queste piattaforme, per questo un confronto con il passato risulterebbe insensato e poco generoso. Parliamo di generazioni e mezzi di comunicazione agli antipodi tra loro. Soltanto pochi artisti possono ancora permettersi produzioni di alto livello con ingenti budget.
Perlopiù musicisti che sono emersi prima della nascita e successiva esplosione dei social network e che, in termini di vendite e di popolarità acquisita in anni di carriera, viaggiano su binari completamente diversi rispetto a tanti altri “colleghi”.
Definire i possibili scenari futuri è una sfida alquanto difficile, assistiamo a cambiamenti repentini che lasciano poco spazio al ragionamento, ora è la piattaforma di comunicazione che influenza le scelte dell’artista e non viceversa come in passato. La strategia di comunicazione è strutturata sulla base degli strumenti messi a disposizione dai social network. Emerge non a caso una somiglianza evidente nella tipologia di contenuti proposti.
Viviamo rivoluzioni tecnologiche e non artistiche, come si può allora pretendere uno scenario diverso dall’attuale nel breve periodo? È una domanda aperta, che consegniamo oggi, nella speranza di avere risposte videomusicali forti domani. Un domani non troppo lontano, si spera.