Inserirsi in quel solco definibile come stoner rock, sul quale solo una manciata di band sono riuscite a imprimere con forza la propria impronta, non è affatto semplice. Si tratta infatti di un genere molto ibridato, che racchiude in sé svariate derive melodiche difficili da tenere insieme; emblematico, forse, il fatto che i maggiori esponenti del genere abbiano raggiunto i propri apici produttivi unicamente a cavallo fra gli anni ’90 e i primissimi anni 2000, quasi sempre con la massiccia implicazione di Josh Homme, prima con i Kyuss e poi con i Queens of the Stone Age. Insomma, chiunque si cimenti con lo stoner rock rischia di rimanerne scottato.
È dunque molto ambizioso il progetto dei MinimAnimalist, duo messo in piedi da Fabio Cazzetta e Davide Bianco, rispettivamente batteria (e voce) e chitarra del gruppo. Senza basso, quindi, accodandosi a quella tendenza inaugurata dai White Stripes e seguita in Italia in particolare dai Bud Spencer Blues Explosions, per un rischio – quello di perdere profondità nel sound – che si amplifica a dismisura nel caso dei MinimAnimalist, visto e considerato il genere col quale il duo in questione va a confrontarsi, lo stoner appunto. Rischio che evidentemente valeva la pena correre, dato che ascoltando W.O.K., il loro secondo disco, l’impressione è che i MinimAnimalist siano riusciti a creare invece un album estremamente ragionato e ben dosato in ogni sua sfaccettatura; in W.O.K. c’è tanta solidità, pur nel mantenimento di quella componente psichedelica che è elemento fondante del genere d’appartenenza.
Tutto ciò viene esplicitato sin dalle primissime battute del disco, che inizia con la title track che introduce l’ascoltatore all’album vero e proprio, racchiudendo in sé tutte, o quasi, le caratteristiche che il disco snocciolerà poi con il suo incedere, scorrevole e con diversi apici, nelle undici tracce di cui si compone. Il pezzo in questione si divide infatti in due parti: la prima decisamente più stoner, con chitarra e batteria parecchio dure, quasi a scolpire un sound che poi, a metà traccia, trova un corpo ben definito, con suoni ricchi e più melodici, in una sorta di climax che va poi ad esplodere definitivamente sin dalla seconda traccia, Ingegner Giannino, nella quale trova finalmente spazio la voce di Fabio Cazzetta, collante narrativo necessario al fine di rendere l’ascolto più facilmente recepibile. La componente vocale, nonostante non sia predominante all’interno del progetto, non deve infatti passare in secondo piano; si tratta di un accompagnamento necessario lungo tutto il disco, che permette all’ascoltatore, anche al più smaliziato, di essere preso per mano, ad esempio, fra un riff stoner e un assolo decisamente psichedelico. Indicativo, a tal proposito, Maglione, forse il brano più radiofonico del disco. Trattasi di un pezzo certamente più lento rispetto a quelli che lo precedono nella tracklist che, a dispetto di ciò, riesce a trovare una verticalità di suono senza troppe difficoltà, grazie proprio alla voce di Fabio che fa da traino narrativo senza entrare nei panni del leone. C’è però anche spazio per pezzi più tecnici e rock, come Efelante, brano strumentale, graffiante sin dalle primissime battute, con un ritmo cavalcante che va via via a impastarsi con un riff che coniuga aggressività a un’escalation di melodie. W.O.K. non è però un disco monocorde, che va a spingere unicamente nella già citata direzione dello stoner. Mi Buttavo ne è la prova plastica: una ballad cupa, che si evolve col passare dei secondi che la compongono, mutando pelle svariate volte nei suoi quasi quattro minuti di durata e mantenendo, nonostante ciò, un’identità ben definita.
Dopo un esordio ricco di spunti interessanti, i MinimAnimalist sembrano aver trovato, con questo loro secondo disco, la quadra all’interno del proprio progetto, tanto ambizioso quanto delineato in certe sue sfaccettature. È questo che rende W.O.K. un disco sì classico nella sua forma, con chiari riferimenti alla scena stoner, ma anche voglioso di dire la propria, con una certa dose di originalità, in un genere che anche sulla scena internazionale fatica da anni a trovare nuovi protagonisti degni di nota.