Parlare di una band emergente, oggi come oggi, non è una cosa semplice. Già il solo fatto che ci siano in giro ancora le “band” fa un po’ saltare sulla sedia. Se poi queste band vengono da una lunga gavetta, si può ben gridare al miracolo. Se, in aggiunta, queste band si dedicano all’alternative rock e hanno ottenuto un contratto con la Universal senza passare da un talent, forse è il caso di parlare di utopia.
Per fortuna, però, anche le utopie ogni tanto si concretizzano. È questo il caso dei Kaos India, gruppo indie rock made in Italy che ha mosso i suoi primi passi già da qualche anno. Si tratta di quattro ragazzi di Modena: Mattia Camurri alla voce, Francesco Sireno alla chitarra, Vincenzo Moreo al basso e Joe Schiaffi alla batteria.
Il loro percorso insieme comincia nel 2011, anno in cui i quattro ragazzi decidono di mettere in mostra il loro talento creando un vero e proprio mix tra i colossi del rock classico anni Settanta e il brit pop degli anni Novanta. Sono infatti loro stessi ad ammettere che, come fonte di ispirazione, attingono stilemi dai Led Zeppellin, passando per gli Oasis, e arrivando sino ad Arctic Monkeys e Kings of Leon.
Dopo un album autoprodotto (The distance between) e un EP, arriva l’incontro con il produttore Pietro Foresti ed arriva subito la svolta nel loro sound. Arriva col nuovo producer il momento di crescere e di fare sul serio, uscire dalle camerette in cui sono stati composti i primi brani e adottare un’identità sonora precisa. Il risultato di questa evoluzione si chiama Wave, il loro secondo album contenente 10 canzoni, 5 di queste già presenti nel precedente EP.
La prima impressione che si ha ascoltando le tracce iniziali è quasi di stupore. È incredibile come in un mondo dominato da rap, trap, hip hop, indie pop, qualcuno si ricordi della musica suonata con gli strumenti veri.
Già da A Second e Who needs who si nota un’impronta alla Police, con la voce di Camurri che ricorda da vicino quella di uno Sting in gioventù. La cosa che più balza all’occhio, o meglio all’orecchio, è uno stile molto pulito nei suoni, niente eccessi, niente distorsioni galattiche, roba da “bravi ragazzi” insomma.
La ciliegina arriva con Half, una ballad alla vecchia maniera, classica, avvolgente, con un refrain che rimane in testa. E non è per nulla scontato. Buona parte dei dieci pezzi che compongono l’album sono piacevolmente orecchiabili mentre incidono sull’ascoltatore, riuscendo sempre a lasciare un segno.
E i tre brani già menzionati non sono che un warm-up per Camurri & Co. Con i pezzi Call to mind e Eyes i quattro modenesi riescono a esaltare ancora meglio la forza del loro ensemble. E finalmente anche la chitarra di Sireno si fa largo per primeggiare, con tanto di assoli (sì, avete capito bene, degli assoli!) sui groove di basso e batteria in tipico stile Metallica di The Black Album, nella prima, e in stile Police, nella seconda.
Se l’obiettivo è avere un proprio stile, la strada è quella giusta perché i Kaos India hanno dalla loro una stoffa molto pregiata che li ha portati a esibirsi su palcoscenici importanti, non solo nel nostro Paese.
Se ormai si è deciso di fare sul serio, è arrivato allora il momento di ampliare il proprio raggio d’azione e raggiungere quante più persone possibili. È quello che si auspica per questi ragazzi, certi che siano la dimostrazione di come in Italia di band valide ce ne siano a bizzeffe.
Basta solo saper cercare.