Abbiamo scambiato qualche parola con Massimo “Magnus” Magnani, storico bassista della scena rock nazionale, musicista da sempre, membro degli Skiantos dal 2003 e collaboratore di Dandy e le bestie e Omar Pedrini. Un artista a 365 gradi come racconta la sua biografia.
Ciao Max, il tema de L’Olifante è, a questo giro, l’evoluzione. Un tuo personale excursus su come sono cambiate le tecniche di vendita e promozione musicale rispetto a quando hai iniziato.
Ciao ragazzi! Premetto che non sono particolarmente esperto né di vendita, sennò sarei un venditore, né di promozione, sennò sarei un promoter. Detto questo, penso che più che di “evoluzione” si debba parlare assolutamente di “involuzione”. E non è una boutade. Mi spiego: se è vero che non si vendono più dischi (salvo rarissimi casi), penso che sia stato in grossa parte dovuto al fatto che l’industria discografica non abbia saputo evolversi al passo dei nuovi mezzi di fruizione musicale. Oggi accade che lavori che sono costati magari decine o centinaia di migliaia di euro vengono poi ascoltati da degli auricolari di due euro e mezzo, in formato mp3, mentre si chatta con gli amici, oppure su YouTube. Quindi, essendo cambiati molto i mezzi di fruizione, è assolutamente vero che l’industria discografica non ha saputo, appunto, evolversi, per convivere (non dico per contrastare) con queste nuove tecnologie.
Abbiamo aperto L’Olifante con “il ritorno del vinile”. Può questa mossa di Marketing ravvivare i sapori e le emozioni di una certa musica e di una certa epoca?
Io appartengo a una generazione dove l’ascolto del disco era quasi, se non proprio, un rito. Scartarlo, pulire la puntina, “mettere su” il disco, ascoltare il fruscio della puntina che inizia a partire e poi iniziare ad ascoltare la musica, guardare la copertina, leggere se ci sono dei testi e, se ci sono in inglese, tradurli per capire di cosa parlano, spesso anche al buio, dove chiaramente non si leggeva nulla.
Se chi compra dischi adesso, chi compra vinili, avrà la “pazienza” di svolgere questo rito, pur senza sacralità ma con un minimo di attenzione, ben venga, modaiola o non modaiola che sia non fa niente, purché sia una cosa buona.
Il panorama politico nazionale attuale non è più quello di 20 anni fa. Perché gli artisti non sentono più la “chiamata” alla critica sociale chiudendosi all’interno del loro guscio?
Indubbiamente la situazione politica/sociale in Italia è in cambiamento. Qualcosa di grosso sta succedendo, se nel bene o nel male lo lasciamo al giudizio del singolo. Di solito la funzione dell’artista, senza per forza avere la “A” maiuscola, è sempre stata quella di precorrere i tempi con la funzione di stimolo emotivo e neurale, criticando e partecipando attivamente a quello che succede grazie alle emozioni che ci sono nell’aria, quando queste non trovano uno sbocco reale.
Quello che dico non dovrei dirlo, in quanto sono chiamato in causa in qualità di addetto ai lavori (essendo musicista anch’io), però mi sembra che gli unici stimoli che sento nella stragrande maggioranza di artisti, musicisti e cantanti di oggi, sia quello di stimolare i neuroni a far le valigie per uscire e andare in un posto che sia tutt’altro che il cervello.
Come vedi lo stato della scena musicale nazionale? La critica a generi come trap o ITpop è sensata, o questi sono nient’altro che la naturale evoluzione di generi come l’hip hop e il cantautorato degli anni ’90?
Di tipi di musica ce ne sono molti. Attuali, non attuali, passati. C’è la musica Rock, c’è il Jazz, il Funky, il Reggae, la musica sinfonica, c’è la musica dodecafonica, e possiamo continuare all’infinito. Non è detto che un musicista debba per forza essere un esperto in tutto e ascoltare tutti questi generi. Personalmente riguardo la musica trap e queste nuove correnti ammetto una mia ignoranza, quasi totale, poiché i primi approcci che ho avuto con questo genere non mi sono apparsi particolarmente stimolanti. Lascio quindi la parola a chi si sente stimolato da ciò, a me stimola qualcos’altro.
Perché nei concerti e nei grandi eventi si lascia sempre meno spazio alla musica “suonata”?
Liquido subito questa domanda dicendo che, anche in questo caso, faccio due passi indietro. Vado solo a concerti dove c’è musica suonata.
Una battuta: il pubblico era più di merda allora o lo è oggi?
[Ride, ndr] “Pubblico di merda”, ovviamente, era una provocazione. Come anche il fatto di lanciare la verdura sul pubblico era un modo per ribaltare i ruoli e consentire al pubblico di sentirsi più partecipe. Un pubblico che, ai nostri concerti (ma non solo ai nostri), era molto partecipe. Sentivi che faceva proprio parte dell’evento, cosa che tutt’ora succede.
Ci tengo a dire una cosa. Il pubblico è di merda se è costretto a essere di merda. Faccio un esempio. Adesso sta scoppiando una nuova Queen-mania e vedo i ragazzetti che vengono a lezione da me, che non conoscevano i Queen, dirmi meravigliati: “ma è bellissima”, “ma come mai non si sentiva in giro questa musica?”, oppure arrivano quelli che li avevano ascoltati casualmente dal vinile del babbo o dal CD della zia. Se ai ragazzetti gli si dà solo della merda da ascoltare, per radio e sui nuovi media, è normale che rimane un pubblico di merda
che non ha possibilità di scelta. Spero di essere stato chiaro.
Concedici un paio di domande sugli Skiantos. Come è stato entrare in una realtà così particolare e consolidata come quella degli Skiantos?
Raccontando la storia dall’inizio, c’è da dire che io avevo già collaborato con tutti i musicisti degli Skiantos: Fabio “Dandy Bestia” Testoni, Luca Tornado, Roberto “Granito” Morsiani, con lo stesso Freak Antoni avevo fatto qualcosina. In più avevo fatto delle apparizioni in una compilation degli Skiantos chiamata Materiali Resistenti registrando delle tracce in Fischi al Vento. Poi ci fu un momento in cui stavo per entrare stabilmente nella band, ma in quel momento fu scelto Marco “Marmo” Nanni, co-fondatore degli Stadio, appena uscito dal gruppo e… tanto di cappello alla sua esperienza e alla sua bravura.
Tuttavia, la cosa è andata in qualche modo a mio vantaggio. Mi ha dato infatti il modo di non fermarmi e lavorare con altri artisti come Antonio Albanese, Enzo Iacchetti, Malandrino e Veronica, tutti più o meno nell’ambito teatrale. Poi il buon Nanni è andato a godersi una meritata pensione ed è stato quasi naturale che subentrassi io. Ed è stata una grande esperienza. Una bella esperienza poiché, provenendo da ambiti per lo più teatrali e cabarettistici, dove il pubblico è sempre seduto ed educato, ritrovarsi in concerti dove non solo hai un pubblico rock, ma anche il pubblico rock degli Skiantos che è particolarmente “attivo”, per usare una metafora, è stata un’esperienza molto stimolante. Inoltre, non ci si limitava ovviamente solo ai concerti, ho registrato dischi con una cura e dedizione differente, partecipando anche alla stesura e agli arrangiamenti dei brani…
Una gran bella cosa.
Grazie a tutti gli Skiantos!
Un tuo ricordo del grande Freak Antoni.
Freak è una persona veramente particolare e fuori dal normale, nel bene e nel male. Parlerò ovviamente solo del bene. Il primo impatto che ebbi con lui fu durante le prime prove e i primi concerti. Quando entrava lui, la stanza o il palco si illuminavano di luce propria. Una persona con un carisma, una personalità e una intelligenza fuori dal comune. Arrivati a questo punto, vorrei consigliare a tutti i vostri lettori di ascoltare gli ultimi dischi che abbiamo fatto: Dio ci deve delle spiegazioni (possibilmente convincenti) e Sogno Improbabile. So che all’inizio ne sarete attratti dalla bellezza della musica e degli arrangiamenti, ma non soffermatevi solo a quello. Ascoltate bene i testi, che erano le ultime cose che scriveva Freak.
Sono di un’intelligenza tale da avere la capacità di farti vedere la realtà da un’altra angolazione. Strepitosi. Questo è il Freak che più mi piaceva, il Freak artista che io ho veramente amato e con cui ho avuto questo grande privilegio e grande onore di averci collaborato.
Quanto è importante che band come gli Skiantos siano ancora oggi in attività? C’è qualche novità che puoi anticiparci?
Gli Skiantos sono vivi e vegeti! I nostri concerti, seppur diradati dopo la dipartita, sono comunque colmi di gente che va dai 7 ai 70 anni. Ed è emozionante che si cantino ancora tutte le nostre canzoni, i nostri “insuccessi” come direbbe Freak. E sì, stiamo lavorando a un nuovo progetto con Omar Pedrini, in cui stiamo musicando dei testi di Freak inediti. Speriamo che il tutto prenda corpo quanto prima e invitiamo il nostro pubblico a prestare la massima attenzione.
Per concludere: sappiamo che sei un musicista molto impegnato anche in altri campi artistici. Dove e come opera oggi Magnus?
Sto iniziando un nuovo progetto con altri musicisti. Un progetto di musica strumentale che parte dall’ispirazione che mi dava una certa musica d’autore del cinema italiano anni ’60 e anni ’70. Parlo di Ennio Morricone, Piero Piccioni, Armando Trovajoli e non solo. Musica più che altro di genere, che troviamo molto spesso in film di genere poliziesco o, se vogliamo, horror, pensando a Dario Argento. Mi ha sempre ispirato questo genere musicale che trovo molto evocativo e coinvolgente. Una musica che ti porta in un certo tipo di atmosfera.
Da lì poi ho iniziato a comporre brani miei ispirati a quel tipo di atmosfera. Ora mi sto coalizzando con altri musicisti, di cui non faccio i nomi, e stiamo per partire con questa nuova avventura che spero prenda forma al più presto, magari anche in estate.
Il progetto dovrebbe chiamarsi “I Criminali” e credo sia abbastanza evocativo come nome.
Ringraziamo Magnus per il tempo che ha deciso di dedicarci e gli auguriamo il meglio per questi progetti futuri.
Grazie a voi ragazzi, ci sentiamo presto. BAU BAU!