Anno Domini 2019. Viviamo ufficialmente nell’epoca in cui i processi di digitalizzazione sono gli assoluti protagonisti delle innovazioni tecnologiche in tutti i settori: dall’Industria alla Formazione, dalla Comunicazione ai Servizi pubblici. Saremo i testimoni delle prime self-driving car, degli assistenti robotici personalizzati e dell’Intelligenza artificiale applicata un po’ ovunque. Ovviamente in questo contesto, la musica non è esente da tali processi e sicuramente il concetto stesso di musica liquida ne è la sintesi emblematica. Tuttavia, non è un segreto che la digitalizzazione degli strumenti di diffusione musicale abbia portato a conseguenze non previste, come ad esempio la non regolamentazione della distribuzione delle royalties e consequenzialmente la mancata erogazione dei dovuti compensi agli artisti.
Proprio per questo trovo affascinante la possibilità di accomunare la musica alla Blockchain, concependo l’integrazione tra musica e tecnologia come un argine strumentale per proporre una possibile soluzione alle conseguenze che viviamo giornalmente. Credo però che la Blockchain sia uno di quegli argomenti che pur essendo sulla bocca di tutti necessiti di un approfondimento maggiore. Data la complessità dell’argomento mi limiterò in questo contesto a delinearne i principi salienti al fine di introdurre una sua applicazione al mondo musicale.
La Blockchain è una catena di blocchi dove ogni blocco contiene le informazioni riguardanti le ultime transazioni. Questi blocchi sono connessi tra di loro in ordine cronologico rendendo indelebile la sostituzione, come gli anelli di una catena. La Blockchain quindi scrive in un registro digitale transazioni, scambi, contratti e tutto ciò che ha valore e può essere rappresentato da un asset digitale. In parole povere la Blockchain è un network di computer che condividono tutti lo stesso registro di transazioni per consentirne una validazione autonoma governata da un algoritmo senza bisogno di intermediari che ne certifichino l’autenticità.
Nei libri di storia si raccolgono più di mille anni di musica concepita su sole 12 note. Da Guido D’Arezzo in poi, teorico e docente di musica del X secolo che codificò in forma embrionale l’attuale sistema di notazione musicale, tutta la produzione musicale occidentale è stata incapsulata in questo sistema finito che ha dato e dà ancora origine a un’infinita serie di possibilità.
La Blockchain dalla sua ha un elemento finito che limita univocamente il numero di identità disponibili nella catena. Questo numero è 10 elevato alla 83 che corrisponde – si stima – al numero di atomi nel Mondo. A differenza della musica, nessuno ha inventato questo limite per la Blockchain. Si tratta di un limite di carattere matematico che però rende pienamente, a mio avviso, l’idea dell’ordine di grandezza e delle potenzialità di questa tecnologia.
L’invenzione della Blockchain nasce da una crisi economica e dall’evoluzione di molteplici scoperte sulla crittografia delle informazioni. Inizialmente utilizzata per creare una valuta (Bitcoin) che a tutti gli effetti rappresenta un’alternativa ai sistemi economici centralizzati, la Blockchain ha visto, dal 2008 a oggi, una moltiplicazione vertiginosa degli utilizzi che se ne possono fare. In quasi ogni campo oggi si parla delle sue applicazioni e delle soluzioni pronte a rivoluzionare e/o apportare notevoli migliorie ai processi stagnanti degli attuali sistemi che essa offre.
Prendiamo ad esempio il mondo dell’Industria musicale e del flusso di denaro che generano attivamente i suoi attori. Un singolo brano può avere compositori, esecutori, editori e, talvolta, licenze multiple con diritti diversi a livello geografico. Come facciamo oggi a gestire la distribuzione dei compensi per ogni singola riproduzione? Che il pezzo sia riprodotto in streaming su Spotify, alla radio del bar o durante un programma televisivo, viene tenuta traccia del numero di riproduzioni e del potenziale di ascoltatori raggiunti. I compensi delle riproduzioni vengono quindi distribuiti, alle debite persone, dalle Organizzazioni di settore che seguono a ritroso il filo, fino a scovare tutti gli artisti coinvolti in una singola esecuzione. Semplice no? Considerando che una singola canzone a volte paga diversi gruppi di persone geograficamente separate, che fanno capo a differenti organizzazioni, e che non esiste un registro globale condiviso di cosa appartiene a chi, tutto questo è folle. Infatti, parliamo di un sistema viziato, molto fallace ed estremamente lento, che ha centralizzato il flusso economico generato dai diritti musicali e ha originato quelle conseguenze sopracitate che la maggior parte dei musicisti è chiamata a fronteggiare giornalmente.
La Blockchain può riscrivere completamente questa storia, e anzi, la Storia, renderla infallibile ed estremamente efficace. Ma, più di tutto, può ridare speranza a chi nell’attuale sistema, a ragion veduta, non crede più. Immaginiamo quindi che ogni brano sia posto indelebilmente su un registro globale e che a ogni brano siano allegate le identità delle persone coinvolte (compositori, esecutori, editori, ecc.) con gli estremi dei loro conti correnti. Per eseguire un dato brano bisogna necessariamente interrogare il registro globale e pagare il dovuto (sì, pagare al consumo, perché la musica costa e i mezzi con cui oggi la paghiamo ce lo fanno spesso dimenticare). A questo punto il compenso dovuto viene inviato automaticamente agli aventi diritto, già diviso nelle percentuali dovute e il gioco è fatto.
1 ASCOLTO=1 PAGAMENTO
Per completare il cerchio, vorremmo che nessuno mai potesse viziare questo sistema dirottando i compensi o trattenendo inutili somme per questioni amministrative. Grazie alla Blockchain, questo registro condiviso sarebbe distribuito e replicato nel mondo su diversi computer mantenendosi in costante aggiornamento impedendone di fatto la modifica. Chiunque potrebbe scaricare l’intero registro sul proprio computer (maggiore è il numero di repliche, più forte e veloce diventa il sistema) e contribuire ai processi che alimentano questo registro globale donando la propria energia elettrica, in cambio di crediti per l’ascolto.
Utopia? No. Il nostro Team di sviluppatori è già al lavoro su un’implementazione di questo genere per una piattaforma di riproduzione musicale indipendente che rivoluzionerà il modo di ascoltare musica.