Ciao Gabriele,  sei il primo vincitore della prima edizione dell’Open Call de L’Olifante, e ti sei meritato questo spazio a pieni voti. Innanzitutto, come procede la produzione del lavoro in studio e puoi fare qualche spoiler?

Ciao ragazzi. Volevo innanzitutto ringraziarvi per l’interesse mostrato verso la mia musica e per aver considerato il progetto meritevole dei premi vinti. Il lavoro di produzione procede in completa sinergia tra il mio home studio e due studi, uno in Puglia e l’altro in Veneto. L’anticipazione che posso darvi è che la produzione non sarà circoscritta solamente a un singolo ma a un vero e proprio album di otto/nove tracce: il primo album di About Blank, un album che metterà assieme canzoni scritte negli ultimi tre anni in due fasi di scrittura diverse: una prima fase, che considero più “di getto”, in cui parole e musica avevano bisogno di uscire dal mio corpo e prendere vita propria, e una seconda, più consapevole, in cui tante influenze e ascolti diversi si sono mescolati, offrendo al progetto un’altra chiave di lettura; tranquilli, tutto sarà più chiaro quando lo ascolterete!

Ti abbiamo conosciuto con il brano “Translucent” che ha colpito davvero molto la nostra giuria. Quanto pensi che l’impatto emotivo della performance abbia inciso sul risultato? Pensi che sia possibile oggi trasmettere questo sui supporti d’ascolto, liquidi o fisici che siano, in un mondo in cui va tutto così velocemente?

Nella fase di selezione all’Open Call ho scelto di inviarvi un’esibizione live proprio per questo motivo. Volevo che sul giudizio del brano incidesse anche la componente emotiva che un’esibizione live porta sempre con sé, magari con qualche imprecisione, magari con qualche modifica, ma sicuramente sincera. Ritengo sia ancora possibile trasferire queste sensazioni su supporto, sempre se si è pronti a coglierle. A mio avviso, oggi c’è una ricerca ossessiva della perfezione e, per questo, nelle registrazioni si tende a scegliere le parti migliori di ogni take. Ma così viene meno il concetto di performance, nella quale si dovrebbero poter apprezzare quelle sfumature che danno carattere a un brano, che emozionano.

Hai un’impostazione solista e minimale, voce e chitarra. Ti manca mai il supporto che una band alle tue spalle potrebbe darti o, per questo progetto, senti che la vita da lupo solitario del palco è l’unica possibile? Descrivici le tue sensazioni sul lavorare in gruppo.

Ho deciso di avviare il progetto esibendomi da solo, chitarra elettrica, effetti e voce, per rispecchiare la genesi dei brani e per mostrarmi al pubblico per come sono. L’idea della band è una strada parallela che nella mia mente esiste dal primo giorno di questo progetto, infatti parte degli arrangiamenti del disco in lavorazione vanno in questa direzione. Nella mia esperienza di musicista, ho suonato in ogni tipo di band e genere, dal duo acustico, al duo elettronico, al power trio, fino all’orchestra Free Jazz; questo sicuramente sarà di grande aiuto quando non sarò più solo sul palco. 

Parliamo di generi musicali. Oggi sempre più artisti che subiscono contaminazioni da diversi stili hanno difficoltà a identificarsi con un genere specifico. Con quest’uscita de L’Olifante siamo andati verso un nuovo modo di intendere questa esigenza. Il tuo punto di vista.

Sono sincero: sono un rappresentante della categoria di quelli che non riescono a identificarsi con un genere specifico, ma ho sempre ritenuto ciò un pregio, un vantaggio. Sarò retorico, ma la musica non può essere confinata in etichette. Nella scrittura di una canzone, non mi sono mai chiesto: sto scrivendo un brano Rock, Folk, Jazz? Se penso ad alcuni tra gli artisti che mi hanno maggiormente influenzato, come Bon Iver o i Radiohead, trovo conforto a questo mio pensiero. Basterebbe fare un excursus della loro discografia per vedere come momenti, tempi, stimoli diversi danno inevitabilmente vita a qualcosa di diverso. Perciò concludo con un’ultima riflessione: che siano gli artisti a orientare i media e non viceversa.

Siamo lieti di poter continuare a seguire il tuo percorso. Ma cosa dobbiamo aspettarci?

Per me About Blank non sono solo io, le canzoni, l’album e così via, per me About Blank è un concetto, un sentirsi parte di qualcosa, così come io mi sono sentito parte di tanta della musica che mi ha accompagnato e influenzato negli anni. Spesso, dopo i concerti, gente tra il pubblico mi dice che il trasporto è stato tale da sembrare un viaggio in cui li ho presi per mano ed è esattamente quello lo spirito del progetto: riconoscersi, emozionarsi a vicenda. Sicuramente, per il futuro del progetto, terrò alla base quest’idea in qualunque forma e territorio mi muoverò. L’attività in studio e quella dal vivo sono due elementi essenziali per me quindi sicuramente sarò impegnato su entrambi i fronti, per far riecheggiare le canzoni e ascoltarci a vicenda. Grazie ancora ragazzi per il supporto e in bocca al lupo!

 

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