Poco prima dell’inizio della “maledetta pandemia”, abbiamo avuto la fortuna di incontrare ai Noise Factory Studios di Milano Tom Lord-Alge, in occasione della Masterclass internazionale organizzata da Sound By Side. Ecco cosa è venuto fuori dalla nostra chiacchierata.
Tom, è un onore averti qui e grazie per aver accettato di dedicarci qualche minuto per parlare un po’ della tua professione.
Sono felice di essere qui e finora mi sto divertendo qui a Milano ai Noise Factory Studios.
Vorrei partire parlando dell’occasione che ti ha portato qui in Italia, ovvero la Masterclass organizzata da Sound By Side. Cosa ti piace di più di questo tipo di esperienze che ti permettono di condividere un po’ della tua magia dietro il banco con mix engineer emergenti? E di cosa puoi far tesoro e portare indietro con te agli Spank Studios?
Wow, fai suonare tutto così importante. Mi piace condividere le mie conoscenze, i miei anni di pratica da mix engineer e recording engineer con i tecnici di oggi. In particolar modo quelli che producono negli home studio, “in the box”. Ho infatti cercato di concentrare le mie energie sull’insegnare e mostrare loro che l’importante non è l’impianto che usi, quanto piuttosto il tuo orecchio, quello che hai nella testa. Ho avuto tante esperienze positive in seminari in passato e mi è capitato di ricevere, a distanza di anni, mail di studenti che mi scrivevano “quello che mi hai detto mi è rimasto in testa e mi ha aiutato sul serio”. Alla fine è una questione di instillare sicurezza negli engineer più giovani, dargli fiducia in quello che stanno facendo. Quindi sì, sono davvero felice di essere qui a Milano con Sound By Side. Stavolta mi sono portato dietro delle vere gemme, mi sono messo a remixare pezzi del mio vecchio repertorio. Per esempio, ho alcuni brani dei Blink-182 da Enema Of The State di cui ho rifatto il missaggio ultimamente e suonano veramente alla grande.
È davvero bello rivisitare quelle tracce.
Quanto a ciò che riporterò indietro con me agli Spank Studios, sicuramente 20 libbre in più di pasta e di altre cose buone che si mangiano qui a Milano. Scherzi a parte, in questi seminari sul mixing si è tutti coinvolti e finisce che sia anche io a tornare negli States avendo imparato qualcosa. Noi lavoriamo tutti in maniere diverse e, personalmente, lavoro da solo nel mio studio a casa, quindi è bello stare in mezzo a persone come me, che capiscono quello che sto facendo e scambiano con me idee e trucchi del mestiere.
Che relazione hai con l’industria discografica e la musica italiana? C’è qualche tuo collega italiano con cui ti piace confrontarti o qualche artista che apprezzi?
Mi spiace molto dirlo ma devo ammettere di non conoscere molto bene l’ambiente musicale italiano e non ho mai incrociato band rock italiane sul mio cammino, ma sicuramente sono interessato ad ascoltare qualcosa e la masterclass sarà un’occasione per farlo. Quello che posso dirti per certo è che il Noise Factory è un ottimo studio, mi piace molto come suona la stanza e amo questo fantastico SSL, un modello vecchiotto che funziona magnificamente e mi stavo giusto complimentando prima col proprietario. Normalmente, da un banco così vintage, ti aspetti che almeno un paio di cose non vadano come dovrebbero, ma su questa console non ho niente da ridire. Quindi suppongo gli engineer italiani siano sul pezzo. Davvero, il fatto che una macchina dell’85 o dell’87 abbia un suono così spettacolare depone decisamente a favore di chi l’ha usata.
Facciamo un tuffo nel passato. È giusto dire che hai lavorato con artisti che erano in fasi molto diverse della loro carriera. Negli anni 90, ad esempio, hai collaborato da una parte con i Rolling Stones e Santana che erano già leggende viventi, mentre dall’altra hai mixato gli LP di svolta per band come Blink-182 o LĪVE. Cosa è stato più stimolante per te? Lanciare i nuovi o stare nella stessa stanza con dei semidei?
Beh innanzitutto non puoi dire di no ai Rolling Stones. Semplice, non dici di no a Mick Jagger! Lavorare con loro fu pazzesco e subito dopo feci anche il mix all’album solista di Jagger. Non erano i loro migliori album, ma comunque per me fu una grandissima esperienza. Ho lavorato con i fottuti Stones, tu che dici? Ma nella mia carriera ho avuto tanta soddisfazione – vedi? un’altra citazione degli Stones (si riferisce ovviamente a (I Can’t Get No) Satisfaction, Ndr) – nel lavorare con nuove band.
Un grande esempio è Throwing Copper dei LĪVE. Per loro avevo già mixato un paio di brani dal precedente album, Mental Jewelry, e quando mi hanno scelto per Throwing Copper, al quale abbiamo lavorato a Lake Geneva, nel Wisconsin, tutti lo abbiamo trattato come qualsiasi altra registrazione. Nessuno ha mai pensato che avrebbe avuto quel successo. A esser sinceri, lavorammo sodo e, ogni sera, facevamo baldoria con la stessa dedizione. Sai, non ti metti mai a pensare “questa sarà una hit”, ma quell’album in particolare fu molto importante per la mia carriera, perché fu accolto talmente bene dall’ambiente musicale nella sua interezza, che finì per fare colpo su altre band. Throwing Copper ha portato da me i Weezer, i Sum 41 e i Blink-182. E ne parlo sempre con questo trasporto sentimentale perché in tutta onestà devo a quel singolo album 20 anni di lavoro. Le cose che loro dicevano in quell’album e il modo in cui ci abbiamo messo mano gli ha permesso di conquistare l’attenzione di molti musicisti, quindi sono sempre molto grato di averci lavorato. Tra l’altro, è uno dei pochi album che posso ancora ascoltare oggi e dirmi “sì, stavo proprio con la testa giusta in quel periodo”.
Sai, a volte quando riascolto i miei mix di 20-30 anni fa, anche se sono felice di quello che ho fatto, mi fa strano. Ti faccio un esempio: un paio di settimane fa, ho fatto un modern mix di Adam’s Song da Enema Of The State. Quando mi sono messo a riascoltare il mix originale nel mio studio, son rimasto un po’ così. Voglio dire, suona ok, ma non ha resistito alla prova del tempo per me. È il motivo per cui, quando mi ci sono rimesso su lavorando col mio multitraccia, ho deciso di non provare a ricreare l’originale. Ed è stato anche divertente costringere me stesso a mixarla come se fosse la prima volta che l’ascoltavo. Penso che questa nuova versione suoni una favola, faccio suonare da Dio la batteria di Barker, la differenza con l’originale è sorprendente. Purtroppo non è commercialmente disponibile, tranne che per i ragazzi delle Masterclass, ai quali cerco appunto di aprire la mente, spiegando l’importanza di eliminare ogni preconcetto e imparare a sedersi e a missare sulla base del momento.
All’inizio della tua carriera, hai mai dovuto lavorare quasi gratis per accumulare esperienza e nomi nel tuo portfolio?
Quando ho iniziato a lavorare in studio, intorno all’82, gli unici posti dove si poteva registrare musica erano gli studi di registrazione professionali. Niente Pro Tools, niente PC, il massimo che potevi avere era un registratore di cassette a 4 tracce. Quindi ho iniziato da uno studio, il che vuol dire da un posto in cui venivo pagato, con un compenso a ore. E poi, a essere sincero, con mio fratello (Chris Lord-Alge, Ndr) abbiamo imparato presto che, se chiedevamo di più, la gente ci reputava subito bravi. Non ricordo quanto chiedessi all’epoca, ma ricordo che era più di quanto meritassi e la gente pensava “beh se il compenso è così alto, dev’essere per forza bravo”.
Una nozione basilare di marketing…
Esattamente. Chris mi ha sempre detto due cose. 1, non dire mai che non sei in grado di fare una cosa. Se te lo chiedono, rispondi sempre sì e poi ci arriverai in qualche modo. Perché non c’è niente che ti spinge a migliorarti come essere con le spalle al muro e dover capire e imparare qualcosa. 2, se una cosa merita di essere fatta, merita di essere fatta bene. Mi rendo però conto che nell’economia attuale ci sono case discografiche o artisti che chiedono mix gratis o quasi. La mia opinione è molto semplice: se mi chiedi di farti un mix gratis, io ti dico “va benissimo, lo faccio… A 500 dollari”. Io sono totalmente contro i free mix e chi si presta rovina la partita per tutti gli altri. Non vai dal meccanico, gli dai la tua auto e gli chiedi di ripararla gratis per vedere quanto è in gamba. Non vai al supermercato e chiedi il latte gratis per capire quanto è buono. Semplicemente non funziona così. Quindi come engineer e tecnici del suono dovreste sempre essere compensati per il tempo che dedicate al lavoro. Quando chiedete 500 dollari per un free mix, vi assicurate che chi vi ha chiesto un missaggio gratuito abbia poi effettivamente interesse ad ascoltare il vostro lavoro. Potrebbero anche essere solo 200 dollari o 100 euro nel vostro caso, non lo so, ma chiedendo quel compenso minimo vi assicurate che il vostro committente poi ascolti quello per cui ha pagato e che abbia un interesse a commentarlo e non che magari lo riceva e non lo ascolti per una settimana. Una cosa odiosissima e irrispettosa. Ma se pagano per il mix, si metteranno ad ascoltarlo non appena arriva nella loro casella mail.
Sei nel business ormai da un bel po’
Mi stai chiamando vecchio? Giuro su Dio, sembra proprio così (ridendo, Ndr). No, perché lo sono!
Non mi permetterei mai, però sei in giro da parecchi anni e, nonostante la tecnologia abbia cambiato radicalmente il tuo lavoro, sei riuscito sempre a non rimanere indietro. Qual è il segreto? Confrontarsi con i colleghi, sperimentare da solo, restare aggiornato con pubblicazioni o Internet?
No, non leggo manuali e non mi metto a cercare cose su Internet. Innanzitutto devo molto al fatto che amo la musica, Vengo da una famiglia musicale, mia madre era una cantante e una pianista Jazz, sono il più giovane di 6 fratelli e i miei due fratelli maggiori sono entrambi engineer. Ovviamente potreste aver sentito parlare di uno dei due, Chris, ma c’è anche Jeff e noi tre abbiamo sempre amato la musica e passare il tempo insieme. Quando non stiamo lavorando, siamo sempre in giro a sentire le band che amiamo. Con Chris sono venuto in Europa qualche mese fa per vedere Steve Hackett a Parigi e a Zurigo, sono anche passato per vedere Steven Wilson, e poi quando siamo negli States finiamo sempre per ritrovarci a casa di mia madre a NYC. E mia madre ci dice sempre “ok, so che non siete qui per vedere me, a quale concerto dovete andare?”. E questo amore per la musica, in un certo senso, ricarica sempre le mie batterie e mi dà nuova ispirazione. Avere poi uno studio e un SSL a casa non guasta. Non è raro che, quando magari non riesco a dormire perché ho un’idea per la testa, mi ritrovi ad andare in piena notte in studio per applicarla. Inoltre, da quando è venuto fuori Pro Tools, ho sempre ragionato pensando che magari forse un giorno potrei non avere un SSL. Volevo assicurarmi di essere in grado di padroneggiare Pro Tools e di ottenere sempre il sound da me desiderato, nel caso in cui fosse arrivato quel giorno e io fossi stato costretto a missare completamente “in the box”. Ovviamente questo non capiterà perché adesso possiedo il mio SSL. Ma posso dirti che il 99,9% di quello che faccio è basato sui plug-in. Semplicemente viene messo insieme attraverso questa adorabile console. E siccome lavoro su SSL dal 1984, conosco questa macchina come le mie tasche, so dove sono gli “sweet spot”, dove e come colpire con i livelli e trarre quel bel colore distintivo. Ma la maggior parte delle cose che faccio si basa sui plug-in e lo staff qui al Noise Factory potrà dirti che, mentre provavo qualcosa nel pomeriggio, per assicurarmi che tutto funzionasse alla perfezione, non ho toccato un equalizzatore. Ho solo spinto su i fader e abbiamo fatto un mix. E infatti è calato il silenzio, nessuno ha detto “wow suonava proprio bene”. Ma sì, quello che voglio dirti è che mi sono proprio impegnato e concentrato sul diventare esperto con Pro Tools. Mi è capitato di sentire gente che dice “i tuoi mix suonano così bene perché hai un SSL”. No, i miei mix suonano così bene perché ho un buon orecchio. Se ti guardi attorno in questo studio che ha tante fantastiche macchine analogiche, potrai contare 5-6 diverse scelte di colore possibili dati da diversi compressori e altrettante per gli equalizzatori. Sulla tua DAW, che sia Logic o Pro Tools o chicchessia, hai a disposizione 6.000 colori diversi. Per me si è sbloccato un mondo di creatività ulteriore, con tante nuove possibilità per manipolare il suono. E mio fratello produce dei plug-in niente male!
Quindi la maggior parte del lavoro creativo si svolge “in the box” per te, oggi?
No, la maggior parte del lavoro creativo viene da qui (indica le orecchie, Ndr). Si tratta di come ascolti, senti e percepisci la musica, il vero spartiacque è la tua immaginazione rispetto alla mia. Recentemente ho lavorato a un nuovo mix di I’m With You di Avril Lavigne, una canzone del suo primo album. E questo mi ha ricordato di quando feci il mix originale che fu un po’ una rottura di c*zzo perché onestamente la canzone era un macello, tutta drum machine. Mentre facevo il modern mix a un certo punto mi son fermato per fare pausa e mangiare un boccone. Sono andato a cena con un amico e sono tornato allo studio sbronzo. Non ho mai lavorato da ubriaco o sotto gli effetti degli stupefacenti perché davvero è un’attività che richiede troppa concentrazione, semplicemente non sono in grado di lavorare da alterato. Però, per qualche motivo, quella volta, sono rientrato in studio e mi sono fatto passare la sbronza missando fino alle 4 del mattino. La mattina dopo, ne parlavo anche con mia sorella, non riuscivamo a immaginare niente di buono considerando le condizioni in cui ero rientrato. Ma poi ho ascoltato il mix ed era fantastico. Mi son detto “dovrei mixare da sbronzo più spesso” (ride di gusto, Ndr). Normalmente non farei mai nulla del genere, ma quella sera funzionò. Quindi si tratta sempre in fondo del momento e della tua immaginazione.
Tom, hai vinto il tuo primo Grammy per Back In The High Life di Steve Winwood, un album del 1986. Pensi che un po’ di quel sound caldo degli eighties stia tornando o dobbiamo considerarlo andato per sempre?
Quel sound non è andato via per sempre. Ho appena finito di mixare un album per una band che si chiama The Night Game ed è assolutamente un ritorno a quello stile, ai suoni synth di quegli anni. Ricordano un po’ i primi Tears For Fears, con quelle chitarre cariche di chorus. Penso anzi che parecchia roba degli anni 80 stia tornando a galla. Ed è stato molto divertente missare quell’album perché ho dovuto tirare fuori tutti questi vecchi effetti, come l’AMS Reverb, di cui la Universal Audio produce un’ottima emulazione. Ho dovuto usare parecchi aggeggi che mi hanno fatto dire “wow, questo lo usavo proprio in un sacco di album all’epoca”.
Che consiglio daresti a una band che sta pensando di investire su una prima recording session al di fuori del proprio home studio? E cosa dovrebbero fare per arrivare pronti all’appuntamento?
Provare e non tanto per non sprecare soldi. Ma devono sicuramente assicurarsi di aver finito di scrivere i brani. Allora, ecco quello che ho da dirvi in merito: se siete una band e quindi avete la necessità di suonare insieme, allora è bene che scegliate uno studio di registrazione con un buon sound per registrare. Come fate a sceglierlo? Iniziate ascoltando album che vi piacciono, scoprite dove sono stati registrati e da chi. Probabilmente vi renderete conto che le cose che vi piacciono di più provengono dallo stesso posto o comunque hanno qualcosa in comune. Andate lì e registrate le vostre tracce di base. E poi fate tutto il resto a casa. Mi spiace ma è così che si lavora oggi, ho visto non so quanti studi chiudere nella mia vita, una volta che sono saltate fuori le DAW. Per una band sono soldi ben spesi almeno quelli destinati per la registrazione in uno studio professionale della batteria, in una buona drum room con un professionista a seguirvi e microfoni di qualità. Almeno quella perché è davvero la base principale del suono del vostro album. Andate in posti con una buona strumentazione, con una bella console SSL – come questa dei Noise Factory che è della stessa generazione della SSL su cui ho mixato Back In The High Life, hanno davvero qualcosa di speciale queste macchine – e con gente che ci lavora a cui frega effettivamente qualcosa della vostra musica e del lavoro che fanno.
Grazie allora per i consigli e per la chiacchierata Tom!
Grazie a voi e ricordate: “I’m Tom Lord-Alge. If you wanna crank it, you gotta spank it!”